27 Feb Diserbante in 14 marche di birra. Allarme (e polemiche) in Baviera
Diversi marchi di birre tedesche contengono il diserbante glifosato. Lo rivela un’analisi dell’Istituto per l’ambiente di Monaco. Coinvolte 14 marche. I produttori: studio non credibile.
Il test ha coinvolto 14 marche fra le più note in Germania: Beck’s, Paulaner, Warsteiner, Krombacher, Oettinger, Bitburger, Veltins, Hasseroeder, Radeberger, Erdinger, Augustiner, Franziskaner, König Pilsener e Jever. I livelli registrati oscillano fra 0,46 e 29,74 microgrammi per litro, nei casi più estremi quasi 300 volte superiori a 0,1 microgrammi, che è il limite consentito dalla legge per l’acqua potabile. Non esiste un limite per la birra.
Contrastato è il giudizio degli esperti sulla pericolosità del pesticida per la salute dell’uomo. L’organismo internazionale Iarc (International Agency for Research on Cancer) lo ha classificato come «probabile cancerogeno per l’uomo» nel marzo 2015. Sophia Guttenberger, dell’istituto di Monaco che ha compiuto la ricerca, ha detto che «una sostanza, che potrebbe essere cancerogena, non perde nulla né nella birra né nel corpo umano».
Ma per l’Istituto federale per la valutazione del rischio (Bfr) residui di glifosato nella birra sono «dal punto di vista scientifico plausibili», dal momento che l’erbicida è autorizzato come diserbante. «Un adulto dovrebbe bere intorno ai mille litri di birra al giorno per assumere una quantità di glifosato preoccupante per la salute», ha fatto sapere il Bfr in una nota.
Secondo l’Unione dei birrai tedeschi lo studio «non è credibile» e l’accusa che i birrai non controllino sufficientemente le loro materie prime è «assurda e completamente infondata». I birrai sottolineano l’esistenza di un proprio sistema di controllo per il malto d’orzo: «Il nostro monitoraggio indica che i valori misurati sono sempre chiaramente al di sotto dei limiti massimi, e in nessun momento sono stati riscontrati superamenti dei limiti massimi permessi per i residui di glifosato».
L’Unione dei coltivatori tedeschi (Dbv) ritiene invece che la colpa della presenza del glifosato possa venire dall’importazione di malto d’orzo. «In Germania abbiamo la più ferrea regolamentazione per la tutela delle piante», ha detto un portavoce dell’associazione a Berlino.È invece plausibile che tracce di glifosato siano finite nella catena di produzione con l’importazione di malto d’orzo, ha aggiunto.
Secondo l’Unione dei birrai tedeschi, lo studio che ha rilevato presenza di glifosato è «non credibile». In una dichiarazione diffusa oggi, l’unione definisce «assurda e completamente infondata» l’accusa che i birrai non controllino sufficientemente le loro materie prime, e sottolinea l’esistenza di un proprio sistema di controllo per il malto d’orzo: «Il nostro monitoraggio indica che i valori misurati sono sempre chiaramente al di sotto dei limiti massimi, e in nessun momento sono stati riscontrati superamenti dei limiti massimi permessi per i residui di glifosato», conclude la dichiarazione.
Ma parliamo di acqua
Molti sottovalutano l’importanza dell’acqua, ma un birraio che punta ad una birra d’eccellenza deve curare necessariamente anche l’acqua utilizzata nella produzione poiché questa influenza gusto e produzione.
L’acqua costituisce l’85-90% della birra, essendo la restante parte formata da malto, luppolo e lievito. Come regola generale, se l’acqua è potabile, questa può essere usata per produrre birra, anche se può necessitare correzione per riprodurre le acque usate negli stili storici. Molto spesso l’acqua da rubinetto è addizionata con cloro per eliminare la crescita di batteri, per cui questo dovrebbe venire rimosso per produrre birre di qualità. Il cloro può essere eliminato bollendo l’acqua, ma dei filtri a carbone vengono spesso usati per eliminare le più comuni cloroammine.
Inoltre, se l’acqua è particolarmente ricca di cloro, elemento di cui è addizionata per rimuovere la crescita di batteri, esso può reagire con i componenti della birra e formare clorofenoli che danno il classico sapore da medicinale.
Un’altra questione da considerare è l’ammostamento, infatti il mashing dipende anche dal pH che se sopra o sotto i valori ideali fa si che gli enzimi possano rallentare o interrompere la propria attività impedendo la proteolisi o la saccarificazione.
Un altro aspetto da prendere in considerazione è la durezza dell’acqua, che se troppo carica di calcio, oltre ad alterare il gusto, può essere causa del cattivo rendimento dei macchinari dovuta ad incrostazioni sulle parti meccaniche provocate da carbonati, solfati e silicati di metalli alcalino-terrosi. In questo caso serve un addolcitore acqua per birra.